Le lamiere vengono battute tenendo sul retro uno zoccolo metallico che si chiama "tasso", per evitare che si riempiano di bugne.
In certi casi, ad esempio per le curve ampie, si usa invece battere il pezzo su un sacco pieno di sabbia. Oppure ancora su gabbie metalliche attorno alle quali si avvolge il pezzo da sagomare. O ancora su mascheroni di legno o su dime d'acciaio: stessa funzione. Il bravo artigiano sente sul polso le reazioni del foglio battuto, ma capisce quello che sta facendo anche dal suono del metallo, quando questo ha finito di copiare precisamente la sua controsagoma. E non deve andare oltre.
Infatti l'imbutitura (così si chiama, in termine tecnico, la battitura) non va mai portata al limite, per non snervare il pezzo. Così, quando la lamiera non sopporta più la manipolazione si passa al taglia e cuci, come nelle confezioni su misura delle sartorie. I pezzi complessi sono infatti composti da diverse porzioni di lamiera che poi vengono saldati "filo contro filo", col cannello ad ossigeno. Il materiale saldante deve essere lo stesso delle lamiere da saldare, per evitare reazioni galvaniche.
Alla fine una buona saldatura si riconosce dalla sua... invisibilità.
Deve appena intuirsi, e solo se illuminata da una luce radente. Come la sutura di un chirurgo estetico. Questo, molto in breve, è il lavoro del "battilastra".
Quello del restauratore è simile, ma presenta ulteriori difficoltà.